USI E COSTUMI: "Il Natale nelle tradizioni popolari catanesi".
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- Categoria: Biografie
- Scritto da Santo Privitera
Una volta l'aria natalizia si avvertiva solo a partire dagli inizi di dicembre, oggi, invece, subito dopo la festa dei defunti cominciano a fare le prime apparizioni i panettoni e gli abeti pronti per l’addobbo. “E’ ‘u cunsumismu ca ni cunsumau; na vota nunn’era accussì” ( e’ il consumismo che ci ha rovinati, una volta non era così) sentenzia un anziano signore in vena di commenti. Di fatti, se ci addentriamo nei meandri delle tradizioni popolari siciliane, vediamo davvero che “nunn’era accussì”. Il Pitrè, Lorenzo Vigo, il Serafino Amabile Guastella, il Favara furono studiosi siciliani che hanno speso interamente la loro vita nella raccolta di usi e costumi del popolo di una volta. Leggendo i loro saggi, spulciando tra le varie raccolte di canti popolari che ci hanno lasciato, ci rendiamo conto di quanto la società sia cambiata nell’arco di un secolo appena. Un patrimonio di notizie storiche che messe a confronto con quelle di oggi, poco o niente hanno a che vedere. Il Natale è e rimane sempre una festa religiosa che si tira dietro valori importanti come la carità, la fratellanza e l’unione familiare; resta intatta la sua magia fatta di luci, odori, sapori e musica; col tempo, però, il pericolo più grande è quello di assistere alla sostituzione di essi con i “valori” finanziari; vedere cioè sostituire la borsa della spesa con le borse europee e Babbo Natale con il presidente della BCE, non è una bella cosa. Meglio un Babbo Natale come lo conosciamo noi, che in doppio petto. ( Nella foto del 2006, lo Zampognaro suona davanti la Cona allestita in V.Romano, a Barriera del Bosco).
Facciamo un passo indietro. Nella nostra Sicilia, dicevamo, quando entra il mese di dicembre si preparano “ ‘I cosi ‘i Natali”. Si tratta di riaprire i cassetti e tirare fuori gli “addobbi natalizi”. Alberi di Natale, pastori per l’allestimento del presepe, stelle di Natale e quant’altro. Un tempo, le festività natalizie andavano di pari passo con le ricorrenze religiose. La poesia popolare le riassume così: “’E quattru Barbara/ ‘è sei Nicola/ ‘e ottu Maria/ ‘e tridici Lucia/ ‘e vinticincu lu veru Missia".
A ognuna di queste ricorrenze è legata una credenza popolare. Se per Santa Barbara fa cattivo tempo, per “analogia” lo stesso avverrà il cinque di febbraio per la festa di Sant’Agata. Addirittura, l’empirismo degli antichi contadini, induceva a credere di potere dedurre un facile “oroscopo” atmosferico per l’anno successivo, dai primi dodici giorni di dicembre. Questa “cabala” è meglio nota come “I carannuli di Santa Lucia”. Se evidenziamo che il termine “carannuli” altro non è che la dialettizzazione di “Kalenda”, possiamo risalire perciò all’origine del medesimo detto.
Inoltre, la novena di Natale iniziava il 16 per finire il 24 sera. La vigilia è forse il momento più sentito. A questo giorno è legato un rito antichissimo, un tempo molto praticato, oggi meno. Si tratta delle formule per le guarigioni dei morsi di serpente o ppi sanari ‘ ‘a sfilatina di l’ossa” (slogatura delle ossa) che le nonne insegnavano alle nipoti. Erano formule che avevano la massima efficacia se insegnate solo alla vigilia del Natale. Insieme ad esse, vi è pure la nota formula do “Patrinostru Sangiulianu”(Padre nostro di S. Giuliano), vera e propria formula per vaticinare gli eventi futuri.
Quando è Natale, è Natale in tutto il mondo: “Paese che vai, usanze che trovi”. I riti religiosi si compiono in ogni angolo del globo. Essi custodiscono e rappresentano ancora il vero autentico significato spirituale del Natale. La simbologia, comune alle feste religiose, è tutto ciò che vi gira attorno. Contiene significati profondi che spesso l’uomo travisa o trascura del tutto. Tralasciando i simboli più comuni rappresentati dall’abete natalizio, dal presepe, dal panettone, dai regali, dai festosi addobbi e dai pochi zampognari rimasti in giro, resistono ancora alcuni valori legati all’evento. A Catania, nei quartieri popolari come la “Civita”, S.S. Angeli Custodi, S. Cristoforo, si avverte ancora l’aria natalizia di un tempo. Il Centro della città, con le sue luci e i suoi sfarzi, benché a poca distanza, sembra essere troppo lontano. Non c’è la sonorità di un tempo, allorquando i Nannareddi, i ciechi cioè che con semplici strumenti andavano a suonare e recitare le litanie davanti alle Cone ( altarini “parate” con asparagi, cotone idrofilo e frutti di stagione,con l’immagine della Sacra Famiglia) nè il suono festoso degli zampognari, ma almeno resiste l’uso delle novene nelle chiese e la voce dei venditori ambulanti che declamano le loro mercanzie.
“Il rito del focolare domestico” si perpetua davanti alla tavola imbandita di tutto punto: Baccalaru fritto( baccalà fritto), angiddi scaddati (anguille scaldate), Scacciati cca’ tuma che rocculi affucati e angìovi salati ( schiacciate con il formaggio filato, broccoli all’olio, acciughe salate) o crispeddi ca ricotta (crispelle con la ricotta); e come frutta: aranci e mandarini prima del panettone finale. Il buon vino, ovviamente, non deve mancare.
Alla fine del secolo scorso, scriveva il poeta dialettale Salvatore Puglisi: “Sti rèfuli di ventu ca strapazzano/ l’alvuli nudi e agghiacciunu li manu,/ sta sira mi riportunu a la menti/ ‘na luntana vigilia di Natali/ (…). (Questi spifferi di vento che maltrattano gli alberi nudi e gelano le mani, questa sera mi riportano alla mente una lontana vigilia di Natale). Il nostro clima non è certo quello dell’Alaska; come stereotipo climatico, più freddo fa e più si avverte il Natale.
Sulle tradizioni natalizie ci sarebbe ancora tanto da parlare. Se chiediamo a un ragazzo di oggi com’è il gioco della “fossetta”, non saprà come risponderci. Questo gioco si faceva con le noccioline: vinceva chi aveva l’abilità di lanciare con precisione da un punto prestabilito (stacca), una o più noccioline dentro una buca precedentemente scavata. Vale per questo il detto “lancia mennuli e nuciddi ppri juocari che picciriddi” (Lancia mandorle e noccioline per giocare con i bambini.). Purtroppo non tutti i giochi sono costruttivi. Spesso, infatti, nel periodo di Natale si eccede anche nel gioco d’azzardo. Se il sette e mezzo, la tombola e il mercante in fiera sono innocenti giochi praticati in famiglia, lo stesso non si può dire per la “Zicchinetta”. Il “principe” dei giochi cattivi, si è fatto strada nell’ambito delle tradizioni natalizie, riducendo sul lastrico non pochi giocatori. Meglio starci lontani. Un aspetto negativo che vale il detto: “I catti sunu quaranta diavuli, alluntanili” (Le carte sono quaranta diavoli, allontanali).